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lunedì 8 febbraio 2010

Appuntamento col Black

Inizia il conto alla rovescia. Si affilano le “armi” per essere pronti al duello. In una stagione dove le giornate si fanno sempre un pochino più lunghe e lentamente più tiepide, si inizia febbrilmente4 ad ispezionare gli angolini buoni. Memori del successo e delle sconfitte degli anni precedenti, si ripassano mentalmente tutte le strategie atte a portare a riva il “mito” della primavera, l’agognato e tanto atteso black-bass. In effetti il gioco vale veramente la candela, perché la sportività del nostro centrarchide non si discute. La sua difesa possente basterebbe a tesserne le lodi, ma il fiore all’occhiello è rappresentato dai mitici salti fuor d’acqua che spesso e volentieri compie, anche se talvolta portano ad inesorabili slamature. Vedremo anche come cercare di “limitarne i danni” in questo senso, ma ora iniziamo col riassumere i comportamenti dei “primi” boccaloni, coi quali l’appuntamento non è certo da perdere.

CHI PRIMA ARRIVA . . .
Mai detto fu più veritiero. Al loro “risveglio”, dove attaccano essenzialmente per fame, abbiamo a che fare con i black più ingenui e spesso più belli della stagione. Negli angolini più riscaldati delle lanche, specie nelle ore centrali della giornata vale proprio la pena di insistere, sempre con un ottimo mimetismo e silenzio. Il discorso artificiali, di questo periodo, assume un’importanza minore rispetto al resto della stagione, tuttavia direi che i minnows abbiano qualche punto in più. Ma come recuperarli?


L’AZIONE PIU’ IMPORTANTE
Vi sono, in tutta l’azione di pesca, molti particolari che a prima vista parrebbero secondari e, sebbene ognuno di questi abbia la sua importanza, possiamo riassumere a quattro i punti fondamentali.

1. Il lancio.
2. Il recupero dell’artificiale.

3. La ferrata.
4. Il recupero della preda.

Parleremo di tutti e quattro i particolari, ma è chiaro che non eseguendo correttamente il secondo, di conseguenza il terzo ed il quarto hanno meno probabilità di esistere. Iniziamo quindi da questo. Nonostante, come detto, i “primi” black siano meno schizzinosi, un recupero mirato spesso s’impone. Ecco allora qualche “trucchetto”, forse risaputo, forse no.



Minnows: la prima regola prevede un recupero mai omogeneo ed uguale. Pensate alle vibrazioni propagate da un pesce vero; esse non sono mai costanti. Anche ammettendo di usare lo stesso artificiale come fonte scatenatrice di disturbo, aggressività e simili, è chiaro che questi istinti saranno facilmente scatenati quanto più tra i vari tipi di vibrazione “partirà” quella giusta. Con una vibrazione “a senso unico” trovare quella giusta assomiglia un po’ ad una roulette russa, nonostante a volte ci si azzecca. Le varianti più comuni sono rappresentate da: stop and go, variazioni di velocità e/o di profondità, nonché di traiettoria, colpetti di polso per simulazioni del tipo “pesce in difficoltà”, tra i quali di estremo interesse si rivelano le vibrazioni dei minnows fermi.

Riassumo brevemente, avendone già parlato in altra sede, questa micidiale alternativa al recupero: dopo il lancio, mettiamo semplicemente in tensione al lenza, e con dei colpetti di canna facciamo vibrare l’artificiale galleggiante di turno sul posto. Vi sono diverse varianti a queste vibrazioni, ad esempio dei colpetti distanziati (tipo popper), un’oscillazione continua del cimino che produce vibrazioni continue e dell’intensità da noi volute, dei leggerissimi scarti laterali, e molto altro. Logicamente queste varianti possono essere “mischiate” tra di loro durante l’azione di pesca ed inframezzate da spezzoni di recupero.
E’ molto importante ricordare che, alla bollata del black (essendo l’artificiale fermo) dovremo rispondere con una ferrata del tipo “pesca a mosca secca”, ma mai nervosa e troppo anticipata (si parla chiaramente di frazioni di secondo), pena lo stappare di bocca l’esca al pesce. Le prime volte occorre farci un po’ la mano, ma va detto che anche durante un “normale” recupero il black non ha un attacco velocissimo e non necessita affatto di ferrate alquanto repentine (l’opposto del cavedano). Anche una canna non molto rapida può aiutare, specie alle prime esperienze, nel discorso in questione. Dopo aver parlato del recupero degli artificiali e della ferrata, passiamo ora ad un altro importantissimo particolare.

IL LANCIO
Non importa quale tipo di lancio effettuiamo, ma il risultato che esso sortisce. “Canonico” o meno, bello o brutto da vedersi ai nostri occhi, l’importante è che abbia i seguenti effetti: 1) Precisione nel depositare l’esca. 2) Insospettabilità agli occhi del pesce. 3) Possibilità di sbagliarlo il più ridotta possibile. 4) Previsione, quando possibile, di un felice recupero dell’esca e di un’eventuale preda. Ritengo sintetizzato in ciò molto di quello che serve, ma un consiglio soprattutto ci sta: specialmente quando avete individuato un black a galla, non abbiate mai fretta di lanciare, ma studiate bene il tipo dei lancio prima di effettuarlo.


IL RECUPERO DELLA PREDA
Questo particolare appare di norma come il più trascurato, verificandosi spesso di sorpresa e quando siamo presi da una scossa notevole di adrenalina. Ma anch’esso ha la sua importanza. Il discorso appare fortemente legato al tipo di difesa della preda in questione, la cui caratteristica peculiare, oltre ad una grande vigoria, è rappresentata dai salti e dalle capriole fuor d’acqua, che sono senz’altro bellissimi e gratificanti, ma che spesso portano ad indesiderate slamature. Non è che si possa fare poi molto per risolvere il problema, tuttavia in taluni casi si porta il black a riva o sulla barca, magari agganciato per un pelo, adottando i seguenti accorgimenti:


1. Cercate di mantenere il pesce allamato verso la superficie, di modo che trovi meno rincorsa per “spiccare il salto”.
2. In questo modo il pesce potrebbe essere portato a “tentativi” di salto che si riducono, per forza, ad una specie di capriole. Durante queste ultime, pur mantenendo il contatto, non forzate eccessivamente la preda.
3. Meglio usare canne non rapidissime, come già accennato. In questa pesca io eviterei anche l’uso del trecciato, che si rivela invece oltremodo utile per prede dalle diverse caratteristiche (di attacco, di difesa e/o di morfologia dell’apparato boccale) come ad esempio la trota od il cavedano. Per ultimo, vorrei esporre quello che è una mia convinzione personale, che non posso proporre con certezza, ma che anno dopo anno, o meglio periodo dopo periodo, si fa sempre più largo nella mia mente.

I boccaloni non esibiscono sempre la medesima difesa, ma questa può variare a seconda del tipo di ambiente e della stagione. Passo subito alla spiegazione dei perché scontati:

1. Ambiente: in mezzo metro d’acqua non è possibile inabissarsi per cercare la rincorsa per “spiccare il salto”, in quattro metri d’acqua sì.
2. Stagione: quando il black vive a galla può faticare di per sé (ed ancor più se noi non glielo permettiamo) a cercare quella rincorsa. Ma aldilà di questi perché, sono convinto ci sia dell’altro. Forse un giorno lo scopriremo, ma per il momento non perdiamoci l’irrinunciabile “Appuntamento col black”.




Roberto Granata

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